Diocesi di Brindisi – Ostuni

Il 6 gennaio Festa dell’Epifania del Signore

Mercoledì 6 gennaio celebreremo con tutta la Chiesa la Festa dell’Epifania del Signore. L’orario delle SS. Messe sarà il seguente: ore 10,30-18.

Alla fine della Messa delle 10,30 vivremo una breve processione con Gesù Bambino e alla fine tutti avremo la possibilità di baciare la Sacra Immagine.

 

Vi proponiamo una riflessione sull’Epifania:

Uno degli elementi più significativi che ha caratterizzato gli interventi del Concilio Vaticano II è indubbiamente il richiamo alla fondamentale unità della famiglia umana (cf ad es. GS, cap. II).


Verso quale universalismo?

«La presente generazione… ha visto crollare o restringersi gli ostacoli e le distanze che separano uomini e nazioni, grazie ad un accresciuto senso universalistico, ad una più chiara coscienza dell’unità del genere umano e all’accettazione della reciproca dipendenza in un’autentica solidarietà e grazie, infine, al desiderio — e alla possibilità — di venire a contatto con i propri fratelli e sorelle al di là delle divisioni artificialmente create dalla geografia o dalle frontiere nazionali o razziali» (Dives in misericordia, n. 10).

Alle soglie del terzo millennio, l’umanità si adopera per un universalismo culturale, ideologico, tecnologico… mai raggiunto finora. Ma quali mezzi ha a sua disposizione per raggiungere questo sogno? Si sperimentano molti metodi che hanno una parte più o meno grande di verità e di efficacia, ma che sollevano non pochi problemi. Si deve ricorrere alla forza? Ma l’esperienza di grandi imperi basati sulla violenza ci mette in guardia contro di essa. Occorre affidarsi alla coscienza universale del lavoro e della tecnica? Ma i principi di diritto, di cultura, ecc. su cui ci si fonda per realizzare l’unificazione del mondo, sono veramente i più profondi? Non trascurano deliberatamente un elemento irriducibile, cioè la persona? E il cristiano? Non ha la sua parola da dire? Il primo uomo che ha creduto nell’universalismo è secondo la Scrittura, Abramo, il padre delle nazioni. Dio gli promise che queste un giorno sarebbero state riunite nella sua discendenza, e il patriarca gli credette; fu il primo atto di fede fatto da un uomo.

Cammineranno i popoli alla tua luce
Ad Israele fu affidata la missione di riunire tutti i popoli nella discendenza di Abramo per realizzare così la promessa dell’universalismo. Israele credette di formare questa unità con l’attuazione di un certo numero di pratiche particolari: la legge, il sabato, la circoncisione… Al contrario, solo la fede di Abramo sarebbe stata capace di dare unità a tutti i popoli.

L’annuncio di un nuovo popolo di Dio, a dimensioni universali, prefigurato e preparato nel popolo eletto, si realizza in Gesù Cristo nel quale converge e si ricapitola tutto il piano di Dio (Ef 1,9-10). In lui tutto ciò che era diviso ritrova l’unità (seconda lettura).
La venuta dei Magi dall’Oriente segna l’inizio dell’unità della grande famiglia umana, che sarà realizzata perfettamente quando la fede in Gesù Cristo farà cadere le barriere esistenti fra gli uomini, e nell’unità della fede tutti si sentiranno figli di Dio, ugualmente redenti e fratelli tra loro (vangelo).
Questo nuovo popolo è la Chiesa, comunità dei credenti; attraverso i secoli essa realizza e testimonia la chiamata universale di tutti gli uomini alla salvezza per l’opera unificatrice di Cristo. E’ significativa la visione finale del Nuovo Testamento (Ap 7,4-12; 15, 3-4; 21,24-26): una moltitudine di razze, di popoli e di lingue, che salutano in Dio il re delle nazioni, e che abiteranno nella nuova Gerusalemme, dove l’umanità ritroverà la propria e definitiva unità.

C’è sempre una stella in cielo
Facilmente ogni discorso sull’ «unità», in qualsiasi campo, rischia di essere frainteso. Spesso si pretende per unità una piatta uniformità: l’annullamento di ogni differenza individuale, un totale livellamento. Si inaugura così un sistema di facili etichette e di facili ostracismi. Chi non si adegua alla media viene bollato come estremista o come reazionario o come eretico. Eppure la diversità e la varietà dei caratteri delle nazioni sono la ricchezza dell’umanità. Anche il fatto che la Chiesa sia una ed universale non esclude che nel suo ambito possano coesistere «diversi modi» di vivere l’unica fede. Per troppo tempo la Chiesa è stata legata al mondo culturale occidentale e all’uomo bianco per calare il cristianesimo in stampi e categorie mentali tipicamente europei, ma la Chiesa di Cristo non può essere bianca o nera o gialla come non può essere proletaria o borghese o capitalista: le sue porte sono aperte a tutti. Il cristiano non può rifiutare aprioristicamente la novità o l’originalità per se stesse; deve prima verificare se esse non siano magari una nuova dimensione della fede nell’Unico Cristo. Molte esperienze attuali, che qualche volta scandalizzano i tutori dell’uniformità (non dell’unità), sono il segno del rigoglio della vita della Chiesa. Cristo ci dà la misura di ogni cosa: Ama Dio con tutto il tuo cuore, amatevi come io vi ho amato (cf Mc 12,30; Gv 13,34). Questa è la stella da seguire, per giungere al nostro autentico e unico centro di unità: «il mistero di cui (il Padre) ci ha fatti partecipi» (orazione dopo la comunione).